TERAMO – Chi più dei piccoli azionisti, dei dipendenti ed ex dipendenti, dei risparmiatori e degli imprenditori clienti possono avere diritto a chiedere e sapere del futuro della Tercas e del suo gruppo finanziario? Un ruolo prioritario a queste figure lo assegna l’iniziativa assunta dall’ex vicepresidente della stessa Banca, Claudio Di Gennaro, vissuto all’interno del Cda presieduto da Nisii dal 1998 e fino al 2009, data dalla quale è originato il male dell’istituto teramano. Guida un’Associazione formata da figure indipendenti all’interno della Tercas e della Caripe, indipendenti anche dai sindacati soprattutto «con maggiore libertà di pensiero e di azioni rispetto ai vincoli posti dalle norme interne sulle relazioni industriali, a risolvere problemi», come spiega lo stesso Di Gennaro. «L’obiettivo che si vuole perseguire è quello di vigilare – dice l’ex vicepresidente -, informare senza omissis l’opinione pubblica ed agire nei modi e nelle forme previste dalle leggi, per difendere interessi e prerogative del territorio di principale insediamento delle due banche, che rappresentano ancora oggi lo strumento più importante in Abruzzo per il sostegno e lo sviluppo dell’economia regionale e da cui dipende anche e soprattutto il lavoro ed il futuro per oltre 1.200 famiglie. L’Associazione aderirà a un network nazionle di difesa dei consumatori, forse anche nell’evenienza di un ‘class-action’. Secondo Di Gennaro, lo squilibrio patrimoniale della Tercas, il cui negativo di bilancio sfiorerebbe i 300 milioni di euro, è determinato «dall’acquisto di Banca Caripe, aprovata dagli istituti di vigilanza, mancando a suo tempo i requisiti patrimoniali giusti, dalla gravissima crisi che dalla fine del 2009 fino a oggi ha sconvolto il sistema economico di riferimento territoriale per la Tercas, che ha provocato l’elevatissimo tasso di deterioramento dei crediti che è passato, rispetto agli impieghi, dal 6,64% del 2009, al 13,24 del 2011, a quelli di oggi che solo il Commissario conosce ufficialmente».A ciò si aggiunge anche il netto rallentamento delle attività bancarie del gruppo e il deterioramento di alcuni crediti importanti concessi nel passato anche recente forse con eccesso di leggerezza dagli organi e dal management dei due istituti credito. C’è però da chiarire, secondo Di Gennaro, il ruolo svolto da settori della banca d’Italia e della società di revisione incaricata della valutazione del valore di Banca Caripe al momento del’acquisto, così come quello di alcuni componenti gli Uffici di Direzione delle due banche e dei dirigenti di alcuni servizi. «Troviamo del tutto indecente che, da parte dei vertici delle due banche (Tercas peraltro è amministrata direttamente dalla Banca d’Italia tramite il Commissario) si continui ad ignorare le domande che si pongono rispetto al futuro dell’Azienda che a tutti gli effetti, più che un’azienda privata di interesse per i soli azionisti, è da considerare assimilata ad un’azienda pubblica». L’Assocazione ritiene che sia inattuale continuare a parlare di autonomia del gruppo bancario; morta l’ipotesi diuna banca regionale nel 1998, oggi occorre muoversi in altre direzioni per trovare risorse per l’aumento di capitale: «I referenti che hanno priorità non possono che essere gli attuali azionisti, banche o privati che siano: le Fondazione hanno il dovere istituzionale di intervenire, altri come l’Assicuratrice Milanese, già fornitore di servizi al Gruppo, potrebbe manifestare interesse; Creval, potrebbe essere interessata, se non relegata in un ruolo marginale». Ma serve un’idea definita di un nuovo piano industrale, così come serve una fusione tra le banche del gruppo.
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